“ Quante volte ti ho detto che devi comportarti in un altro modo?”, “Perchè non ti controlli?”, “Stai fermo..!”, “ Stai buono e comportati in modo educato..”, “ Mi fai girare la testa..”, “Ora chiedo al dottore di scrivermi qualcosa perché mi stai facendo impazzire”..
Queste sono tra le più comuni frasi che mi sento dire con più frequenza quando un genitore viene a trovarmi in studio. E non è facile spiegare, che per risolvere una buona parte di alcune difficoltà, l’impegno dei genitori alla comprensione dei processi psicologici è necessaria.
Facciamo chiarezza sul concetto di autoregolazione, cosa è e da dove nasce.
Per parare di una tematica cosi importante e di noto interesse ai giorni nostri, più che mai se ne parla dappertutto, dalla scuola al cinema per ragazzi, è doveroso rievocare memorie di qualche secolo fa.
Il più noto Piaget già nel 974 distingueva tre diverse tipologie di autoregolazione.
Queste, sempre attuali, sono l’autoregolazione autonoma, attiva e cosciente.
L’ autoregolazione autonoma ha a che fare con la capacità di un bambino molto piccolo di modulare le sue azioni, il suo comportamento in relazione ai diversi contesti in cui vive, gioca, fa sport o studia.
La regolazione attiva si riferisce alla modalità di esplorazione del bambino nell’ambiente o di un oggetto attraverso la procedura di prova ed errori o più comunemente chiamata imparare facendo.
La regolazione cosciente riguarda la capacità del bambino di formulare ipotesi trail proprio comportamento e la risposta dell’ambiente.
Altro noto autore, Vygotskij, spiegava il meccanismo dell’autoregolazione attraverso l’aiuto derivato dai comandi linguistici che il bambino riceve in modo contestuale nel e dal sistema sociale. L’acquisizione di un linguaggio più competente, sia da un punto di vista lessicale che sintattico, agevola il bambino ad acquisire un linguaggio interno in grado di regolare il proprio comportamento . Un esempio molto semplice è rappresentato dallo stimolo che un adulto induce con la frase “prendi quella palla gialla..”, accompagnando questa verbalizzazione con un gesto indicativo o avvicinandoci all’oggetto.
Questo permette di evidenziare uno sviluppo dell’autoregolazione attraverso lo schema seguente:
Dal punto di vista operativo, questo modello consente di interpretare diverse difficoltà nei bambini con ADHD, tutte in funzione del comportamento da attuare, delle risorse attentive da utilizzare, della motivazione, della fiducia nell’impegno e nello sforzo, della capacità di pianificare un percorso di risoluzione di una difficoltà.
Si fa cenno, doverosamente, alle funzioni esecutive ed i loro processi ( attenzione e concentrazione) e a tutte le abilità cognitive utili quali le strategie di pianificazione e la flessibilità cognitiva, nonché al controllo dell’impulsi e l’inibizione della risposta.
Il perno dell’iperattività e dell’impulsività è identificabile nelle operazioni del sistema cognitivo il quale viene denominato sistema esecutivo. Il sistema esecutivo si trova all’interno della memoria di lavoro ed ha una specifica mansione quale quella di controllare l’azione attraverso l’utilizzo di del Sistema Attentivo Superiore (SAS). Tale sistema è costituito da due processi complementari i quali operano nella selezione e nel controllo dell’azione, infatti mentre il primo presiede alla routine automatizzata dell’azione, pertanto non abbisogna di particolare attenzione, il secondo, interviene nelle situazioni nuove, più difficili e con necessità di più attenzione in quanto molto cosciente.
L’iperattività e i disturbi dell’attenzione, Margheriti M., Sabbadini G. – In Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva (a cura di G. Sabbadini) Zanichelli, 1995
Processi cognitivi – Attenzione, percezione, memoria e pensiero, T. Malin Edizioni Erickson
Il bambino con deficit di attenzione/iperattività – Diagnosi psicologica e formazione dei genitori, Vio, Offredi, Marzocchi Edizioni Erickson, Trento 1999